Orazio (Quinto Orazio Flacco) (65 - 8 a.C.) Nacque nel 65 a.C. a Venosa, piccola colonia della Lucania. Nonostante le umili origini - era infatti figlio di un liberto - ebbe la possibilità, grazie alle sostanze accumulate dalle attività economiche del padre e allo zelo dello stesso, di studiare nelle migliori scuole di retorica e grammatica di Roma (fu allievo, tra gli altri, di Orbilio), per poi completare la sua formazione ad Atene. In quest'ultimo ambiente culturale si avvicinò a tal punto all'ideologia repubblicana fino ad arruolarsi - rivestendo l'importante carica di tribuno militare - nell'esercito dei cesaricidi Bruto e Cassio, combattendo a loro fianco nella storica battaglia di Filippi (42 a.C.). In seguito alla sconfitta della sua fazione politica, Orazio si vide confiscati tutti i beni ma riuscì comunque a ritornare a Roma grazie ad un armistizio politico concesso dal nuovo triunvirato dei vincitori (Ottaviano, Antonio e Lepido). Nella Capitale, dopo aver conosciuto anche la povertà, riuscì in un primo momento a mantenersi grazie ad un impiego come contabile nell'amministrazione statale. La sua vita ebbe una svolta quando, attorno al 39 a.C., simultaneamente alla stesura delle prime "Satire" e di alcuni "Epòdi", riuscì ad entrare, anche grazie all'amicizia stretta in precedenza con Virgilio, nel circolo di Mecenate, del quale si guadagnò la stima ricevendone protezione e sostentamento per il resto della sua vita. Pur facendo sua la nuova linea politico-ideologica del primo imperatore Augusto (dal quale venne incaricato, nel 17 a.C., di scrivere il Carmen Saeculare) Orazio rifiutò altri incarichi ufficiali e da questo momento si dedicò esclusivamente alla produzione poetica e alla speculazione filosofica, rimanendo per lo più "appartato" nel suo nuovo podere nella Sabina. Morì di malattia nell'8 a.C., pochi giorni dopo la morte del suo patrono Mecenate. La produzione letteraria di Orazio, esclusivamente in versi, si snoda attraverso quattro tipi principali di componimenti: gli "Epòdi" (30 a.C.); le "Satire" (35, 30 a.C.); le "Odi" (23, 13 a.C.) e le "Epistole" (20, 19, 12 a.C.). Gli "Epòdi" (da Orazio chiamati Iambi) si riallacciano, nei metri e negli accenti aggressivi, alla giambografia greca (Archiloco, Ipponatte) sviluppando, nei contenuti, da un lato l'amarezza per l'incerto destino di Roma ed il timore di ulteriori guerre civili, dall'altro l'indignazione per certi vizi e malcostumi sociali. Le "Satire" (Sermones), scritte in esametri dattilici con un linguaggio piano e quotidiano, introducono, pur nella grande varietà di temi e rimanendo saldamente agganciate alla realtà, quelle meditazioni filosofico-morali, di ispirazione epicurea, volte alla ricerca di un equilibrio interiore. Quest'ultima matrice, arricchita da esperienze personali, fornisce il sottofondo all'altrettanto variegato contenuto delle "Odi" (Carmina), le quali però raggiungono, nel sapiente e molteplice impiego di metri e ritmi e nell'assidua ricercatezza formale, la piena essenza della poesia. Le "Epistole" (Epistulae) infine, in esametri, ci riportano in una dimensione colloquiale, incentrata però ora maggiormente sull'anima del poeta e su una riflessione intima riguardo ai grandi temi etici e filosofici della vita.
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quistu è l’insegnamentu ca bbi tau: l’uemmini sò tutti pacci |