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Franco Basaglia (1924-1980)  

Dopo essersi formato presso la Clinica Neuropsichiatria di Padova, ottenne, a causa delle sue scelte politiche e della sua predilezione per i tratti fenomenologici della disciplina, la direzione dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Qui, dopo alcuni soggiorni all'estero (tra i quali la visita alla comunità terapeutica di Maxwell Jones), avviò, nel 1962 insieme ad Antonio Slavich, la prima esperienza anti-istituzionale per la cura dei malati di mente, elaborando la teoria secondo cui il malato di mente non deve essere considerato un individuo pericoloso, da segregare dalla società ma deve essere reintegrato - affinché non sia condannato ad un irrimediabile peggioramento - nei suoi rapporti sociali, sottolineando, anziché reprimendo, la sua qualità di uomo. Fu l'inizio di una riflessione sociopolitica sulla trasformazione dell'ospedale psichiatrico e di ulteriori esperienze di rinnovamento nel trattamento della follia.
Nel 1968 venne incriminato perché un suo paziente, dimesso, si era reso colpevole di omicidio; prosciolto con formula piena, lasciò l'ospedale di Gorizia per quello di Colorno (Parma) e nel 1972 assunse la direzione di quello di Trieste, continuando a praticare, pur tra polemiche e nuove accuse, il suo metodo terapeutico.
L'accettazione del suo metodo di cura portò nel 1978 al varo di una legge (la numero 180, meglio nota come legge Basaglia) che decretò la chiusura dei manicomi, l'inserimento dei servizi psichiatrici nell'ospedale generale, l'organizzazione territoriale dei servizi di igiene mentale e la tutela dei diritti del malato mentale a una terapia non oppressiva.


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a´pazzia jè ´na cosa umana. A´pazzia jè ni nuattri comu a´raggiuni. Ú´pobblema jè ca´n´paisi ppi putirisi riri civili, aviss´a ttrattari bonu e´pazzi comu a chiddi ca´arraggiununu